Giovedì 4 novembre alle ore 10:30 presso la chiesa del Castello la comunità civile, militare e religiosa sampolese si è raccolta in preghiera per la commemorazione dei caduti di tutte le guerre.
Cogliamo alcuni spunti dell'omelia, nel corso della quale don Bogdan ha ricordato che tale ricorrenza fu istituita nel 1919 per commemorare la vittoria italiana nella Prima guerra mondiale.
Quest'anno ricorre il 103° anniversario della vittoria che sancì la fine della Grande Guerra. Si tratta di un momento importante della nostra storia e della nostra civiltà, l'occasione per esprimere il più alto sentimento di riconoscenza per le nostre Forze Armate che, con sacrificio e senso del dovere, si adoperano ogni giorno per la libertà e la pace, oltre che per dedicare un pensiero a quanti si sono immolati per gli ideali di unità nazionale, di indipendenza e di democrazia.
Le autorità hanno espresso tutto ciò andando a deporre le corone di alloro nei luoghi significativi del nostro paese: al monumento dei caduti a Grassano, al monumento ai marinai alla Fratta, al monumento ai caduti dell’arma dei Carabinieri e ai caduti di tutte le guerre a san Polo.
Ed ecco come prosegue l'omelia.
“Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro».” Il Vangelo si apre con lo scandalo suscitato da Gesù agli scribi e farisei. Egli allora per rispondere allo “scandalo”, racconta due parabole divenute famose. Una riguarda una pecora su cento, che smarrita viene cercata e ritrovata con gioia dal padrone. L’altra riguarda una moneta su dieci che una donna ha perso e la cerca affannosamente fino a ritrovarla e a scomodare anche le amiche e le vicine per festeggiarne il ritrovamento.
Effettivamente la prima grande riflessione dovrebbe riguardare il fatto che è quanto mai normale calcolare la possibilità che qualcosa, piccola, centesima, o decima, si perda di ciò a cui teniamo. Potremmo quasi dire che è fisiologico, che fa parte del gioco… Eppure a Gesù non sta bene questo ragionamento, perché dietro c'è l'amore. L’amore è una forma quasi esagerata di ostinazione.
Non poggia su meccanismi matematici o aziendali, ma reputa tutto, e persino l’ultimo dettaglio, importante. Ora, se si gioisce per una pecora, o per una moneta, quanto si dovrebbe gioire per una persona?
Poi il sacerdote ha proseguito invitando gli amministratori e i militari presenti, ad applicare la logica di Gesù alle situazioni della vita reale, facendo suo l'invito di Papa Francesco quando parla delle periferie esistenziali, dicendo che non riguardano solo i paesi del Sud del mondo. Per esempio le periferie umane sono gli anziani nella città: ovunque siano collocati urbanisticamente, essi sono periferici e questo è un gradissimo problema. Poi ci sono le generazioni periferiche, i gruppi periferici… La nostra società crea continuamente periferie umane, perché è una città dell’utile che poggia su meccanismi matematici o aziendali e si rischia la "morte del prossimo", facendo riferimento a Luigi Zoia che ha scritto un bel libro in cui afferma che il nostro è il tempo della morte del prossimo... Ama Dio e ama il prossimo. Ma già per Nietzsche Dio era morto e il prossimo? Nel mondo pre-tecnologico la vicinanza era fondamentale. Ora domina la lontananza, il rapporto mediato e mediatico, il comandamento si svuota, perché non abbiamo più nessuno da amare... Ma il prossimo è una componente essenziale della storia umana: senza prossimo non c’è vita.
Dobbiamo reimparare a vivere la prossimità e sicuramente la pandemia non ci ha aiutato in questo. Ci vuole impegno maggiore da parte di tutti: pubblica amministrazione, forze dell'ordine, comunità cristiana...
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