Giovanni Bellini, Presentazione di Gesù al Tempio, Fondazione di Querini Stampalia, Venezia
La festa della Sacra Famiglia ci ricorda che la nascita del Salvatore avviene in un contesto familiare in cui viene accolto il mistero del Dio fatto uomo. Attraverso il grembo di Maria e le cure di Giuseppe, Gesù diviene membro dell’umana famiglia (Preghiera Colletta) e rivela il senso profondo della vita quale “dono” e “mistero” che ha in Dio la sua sorgente e il suo culmine.
La Presentazione di Gesù al Tempio dipinta da Giovanni Bellini e conservata a Venezia, presenta il momento culminante del racconto evangelico in cui si narra che i genitori di Gesù, trascorsi i quaranta giorni dal parto, portarono il bambino al Tempio di Gerusalemme per presentarlo al Signore (cf. Lc 2,22-35).
I personaggi sono dipinti su uno sfondo scuro e a mezzobusto, separati dall’osservatore soltanto da una finta cornice di marmo alla quale la Madonna appoggia il gomito destro. Il modello seguito dall’artista sembra essere quello di alcune epigrafi funerarie romane. Questa sensazione è confermata e accentuata dalla figura del bambino Gesù che è avvolto in fasce, simile a un defunto, e che ha il capo coperto da un cappuccio rosso, probabile simbolo della passione. Al centro Bellini dipinge Maria, Giuseppe e il vecchio Simeone. Per conferire profondità alla scena e meglio organizzare lo spazio, l’artista dipinge il Bambino come appoggiato su un davanzale, un possibile riferimento all’altare e al sepolcro. Il silenzio avvolge la scena, fatta di contemplazione e di consapevolezza. Dagli sguardi che si scambiano la Madonna e il vegliardo Simeone si coglie il contenuto del loro dialogo: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace… e anche a te una spada trafiggerà l’anima” (cf. Lc 2,29.35). Maria e Giuseppe partecipano alla passione del Figlio e accogliendolo si fanno essi stessi strumenti docili per la realizzazione della salvezza; con la loro obbedienza, poi, pongono sull’altare del sacrificio le loro esistenze come oblazione santa e gradita a Dio.
I genitori portavano il bambino Gesù al Tempio per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo. Essi adempiono ogni cosa secondo la Legge del Signore perché pienamente coscienti di essere essi stessi parte di una grande storia di salvezza, depositari di un dono e custodi di un mistero più grande di loro. «Maria e Giuseppe – ha detto papa Francesco nell’ottobre del 2013 rivolgendosi alle famiglie venute in pellegrinaggio a san Pietro per l’anno della fede -, sono la Famiglia santificata dalla presenza di Gesù, che è il compimento di tutte le promesse». Le famiglie cristiane, continuava, così come la famiglia di Nazareth, sono inserite nella storia di un popolo e sono custodi di una memoria. Ciascuna famiglia se ha Gesù al centro, mantiene la memoria della sua origine divina, la comunione trinitaria, della sua missione nel mondo, cioè essere sacramento dell’amore di Dio per l’uomo, e della sua destinazione, ovvero la partecipazione escatologica alla vita divina del Padre, del Figlio e dello Spirito. Bellini, investigando con molte sfumature il tema dell’amore tra la Madre e il Figlio, dipinge Maria la quale tiene stretto a sé quel Figlio che tuttavia consegna alle mani del sacerdote perché si compia la volontà di Dio.
Anche Giuseppe, in secondo piano, assiste al passaggio di Gesù dalle mani della Madonna a quelle del sommo sacerdote, in un gesto che esprime la consegna del Figlio da parte del Padre e la consegna del Figlio al Padre e al mondo sulla croce. Lo sfondo scuro favorisce l’assoluta concentrazione dello sguardo sui personaggi raffigurati. Nessun elemento architettonico o paesaggistico può distrarre dall’evento che in quell’istante si sta compiendo. L’artista riesce a rendere la forte umanità che si palesa nei gesti, nella posizione dei volti e soprattutto negli sguardi che si scambiano i diversi personaggi.
Maria e Giuseppe, in particolare, chinano il capo dinanzi al mistero. Sono consapevoli di ciò che Dio chiedeva loro e senza indugio, con la trepidazione del cuore e con l’adesione dello spirito, pronunciano il loro sì a Dio. Tutto ciò riceve nuova luce se rileggiamo il n. 23 della Relatio Synodi della recente assemblea generale del Sinodo dei Vescovi sulla Famiglia: «La Santa Famiglia di Nazareth ne è il modello mirabile, alla cui scuola noi “comprendiamo perché dobbiamo tenere una disciplina spirituale, se vogliamo seguire la dottrina del Vangelo e diventare discepoli del Cristo” (Paolo VI, Discorso a Nazareth, 5 gennaio 1964).
Il Vangelo della famiglia, nutre pure quei semi che ancora attendono di maturare, e deve curare quegli alberi che si sono inariditi e necessitano di non essere trascurati».
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